Franco Groppali

Il mio ictus, confine di due vite

  • Anno: 2013
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Intitolo questa mia testimonianza: “Il mio ictus, confine di due vite“, che è poi il titolo del libro che ho pubblicato nel 2013.

Anche adesso ho lo stesso scopo di allora, e cioè diffondere la mia esperienza di invalido a chi si trova in una condizione simile alla mia e cercare di trasmettergli un segnale positivo, anche se sembra impossibile, data la drammaticità dell’evento.

L’ictus mi ha colpito all’improvviso la sera del 4 settembre 1993, quando avevo 45 anni, senza alcun preavviso.

Prima di quella terribile botta avevo vissuto una vita incredibilmente felice, anche se credo che probabilmente siamo soliti ricordare gli aspetti più belli e piacevoli del nostro passato, soprattutto dopo un ictus.

Una normalissima cena, con pizza e coca-cola, è diventata di colpo la fine di quella prima vita felice.

E’ stato un ictus bello tosto, anche se ha un nome agreste e dolce: si chiama “sindrome alterna di Wallemberg“, che richiama verdi pascoli di montagna, con mucche, latte e formaggini.

E invece nasconde una belva inferocita.

L’ictus, lo capirò dopo, è arrivato a fare da spartiacque nella mia vita, a costringere me e tutta la mia famiglia a rivedere tutto, a stravolgere quelle certezze che sembravano inattaccabili.

Ricordo di aver vissuto quei primi terribili momenti come in uno stato di distacco e di curiosità.

Non avevo ancora capito quello che mi era successo, pensavo a qualcosa di strano, a un malore nuovo ma superabile, sarebbe comunque passato, la mia vita normale avrebbe presto potuto ricominciare.

Per i primi tre-quattro mesi ero ancora convinto di poter tornare come prima.

Poi invece mi sono reso conto che quella condizione di invalido totale era definitiva, che la mia prima vita era irrecuperabile.

E allora è arrivata la peggiore conseguenza dell’ictus, una terribile depressione.

Così ridotto non c’entravo più niente con il mondo esterno, con la mia famiglia, con tutti e tutto.

Dovevo solo decidere in che modo togliere il disturbo, era impossibile pensare di proseguire quell’agonia.

Dovevo farlo, non volevo rovinare la felicità media della mia vita.

In certi momenti gridavo “Nooo!! Noo!!”, ero diventato intrattabile, persino cattivo con mia moglie che cercava di aiutarmi.

E bestemmiavo, Dio era diventato il peggiore nemico, mi aveva ridotto in uno stato pietoso, era di una malvagità insopportabile.

Sono diventato ancora più esasperato quando ho capito che non sarei riuscito a suicidarmi, forse per paura del dolore o di non ragggiungere lo scopo in tempo.

Allora sono passato in una fase di attesa e di abulia.

Bastava stare fermi e aspettare: il tempo era diventato il mio alleato.

Anche se lentamente, mi avrebbe portato comunque verso la fine, la fine dell’incubo e dei dolori.

E invece è accaduto qualcosa, non so se è stata solo la fortuna, ma poco alla volta c’e stata l’inversione.

All’inizio il merito è stato dello psicologo dell’ospedale, che mi ha quasi costretto ad iniziare un lavoro presso una cooperativa sociale che si occupa dell’inserimento lavorativo di disabili psichici.

Dapprima lo facevo contro voglia, ma col tempo mi ha coinvolto sempre di più, mi ha fatto capire che potevo ancora essere utile per gli altri.

Lentamente ho riallacciato anche il rapporto con Dio.

La fede  che sembrava persa per sempre c’era ancora, ho fatto la pace con Dio, ho ripreso ad amarlo più di prima.

Lo stesso è avvenuto con mia moglie, che avevo fatto soffrire tantissimo, ma che mi era stata sempre vicina, così ho ricominciato la mia seconda vita, ho smesso di guardare sempre e solo indietro, ho iniziato a cercare di costruire un nuovo domani.

Il lavoro, Dio e la famiglia: sono queste le tre componenti mi hanno salvato, che mi hanno portato fuori da quel nero e angoscioso tunnel che sembrava senza uscita.

L’ictus è un nemico lontano, è diventato molto meno cattivo, non ha più quelle spine dolorose, si è trasformato in coccolone, in un compagno di viaggio che ormai conosco bene, che mi procura certamente tante difficoltà, ma che mi ha anche portato a vedere la vita in un modo diverso e più intenso.

Non pretendo di conoscere e di dare la ricetta per sconfiggere l’ictus:quelle tre componenti hanno funzionato per me, ma non è detto che lo siano per altri.

Quello che voglio dire, anzi, gridare, è che la vita è comunque bella e che vale sempre la pena di essere vissuta e gustata.

Franco

PS Importante: ho deciso di scrivere il mio secondo libro, che si intitola “Io sono un ictus, l’ictus di Franco”.

Uscirà a metà 2024.

ALICe

A.L.I.Ce. Italia ODV

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