Gli ultrasessantenni hanno speso oltre la metà (23 miliardi) dei 40 miliardi complessivi di euro che nel 2018 gli italiani hanno speso di tasca propria per acquistare beni e prestazioni sanitarie private, dei quali 5,8 miliardi (poco meno del 14,5%) “gestiti” da polizze sanitarie e fondi integrativi.
Sono cifre ricordate da Marco Vecchietti, amministratore delegato e direttore generale di RBM Assicurazione Salute, al convegno “Reddito di Salute: il servizio universale della sanità integrativa”, organizzato il 6 dicembre a Roma dalla Fondazione Farefuturo, nel corso del quale è stato presentato un approfondimento del Rapporto RBM-Censis 2018.
Il costo medio pro capite sostenuto dagli anziani (1.356,23 euro annui), penalizzati da situazioni reddituali mediamente meno favorevoli, è più che doppio rispetto a quello registrato per tutti i cittadini. Un'altra fascia che acquista prestazioni sanitarie private è quella delle persone che convivono con una patologia cronica, ovvero quasi un italiano su due. Il 58% delle cure acquistate privatamente, infatti, riguarda i malati cronici, il 15% le persone con patologie acute, per oltre il 12% i non autosufficienti/inabili. E ancora si osserva come la spesa sanitaria privata interessi in prevalenza i redditi meno elevati. Si tratta di un fenomeno caratterizzato da un’importante regressività: il 32% della spesa sanitaria privata, infatti, ha riguardato i cittadini con reddito compreso tra 35 mila e 60 mila euro annui, il 17,58% i redditi compresi tra 15 mila e 35 mila euro annui e il 6,43% i redditi inferiori a 15 mila euro annui.
A livello territoriale, la spesa sanitaria privata non risparmia le aree economicamente meno agiate: pagano di tasca propria le cure sanitarie il 26% dei cittadini del Sud e Isole, poco meno del 20% di quelli del Centro, poco più del 24% dei cittadini del Nord Est e oltre il 30% di quelli del Nord Ovest.
«Attualmente, nel nostro Paese le forme sanitarie integrative intermediano una spesa sanitaria pro capite di circa 95 euro - sottolinea Vecchietti – cinque volte meno che in Francia e due volte meno che in UK. Tutto ciò a causa del mancato avvio di un “secondo pilastro sanitario” a favore di tutta la popolazione».
Nel nostro Paese i cittadini «sono assistiti mediante un Servizio sanitario “misto” per modalità di erogazione delle prestazioni – sottolinea Vecchietti – che vede la compresenza di pubblico e privato. Sempre più spesso il Servizio sanitario nazionale fatica a soddisfare i bisogni di cura e gli italiani sono costretti a rivolgersi alla sanità privata. Servizio sanitario nazionale e Secondo pilastro sanitario sono gemelli diversi la cui co-esistenza non solo è realizzabile – conclude - ma garantirebbe accesso alle cure a tutti i cittadini, colmando quelle differenze che si fanno ogni anno più marcate».
Fonte: HealthDesk redazione 9 dicembre 2018