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Abbandono e incertezza. I mesi della pandemia visti dai malati cronici

25 Ottobre 2020

Il report Cittadinanzattiva

Visite ed esami cancellati, difficoltà a restare in contatto con gli specialisti, carenza di farmaci. Ma anche l’impegno delle associazioni che si sono immediatamente attivate per fornire una risposta ai malati

Come ci si sente a vedersi spostato un esame o una visita medica importante che si attendeva da mesi? E a non riuscire a contattare il proprio specialista di riferimento? E se a un certo punto non si riescono a trovare i farmaci? O le mascherine per proteggersi quando si ha bisogno di uscire fuori per necessità inderogabili?

Sono stati alcuni dei problemi più comuni a cui sono andati incontro nei mesi scorsi i pazienti “ordinari”, stretti tra la paura e un senso di abbandono e di incertezza mentre intorno a loro infuriava la tempesta Covid-19. 

Ora, quelle esperienze, le emozioni, le risposte sono stati fotografati dal XVIII Rapporto nazionale di Cittadinanzattiva sulle politiche della cronicità, «un racconto che ci restituisce i problemi che le persone con patologie croniche o rare hanno incontrato nel rapporto con un servizio sanitario totalmente e “eroicamente” concentrato nell’arginare l’epidemia, ma che ha nel contempo svelato i limiti che pre-esistevano all’emergenza», dice la vice segretaria generale di Cittadinanzattiva Anna Lisa Mandorino. «Un racconto che mostra, attraverso la vita delle persone con patologie croniche e rare durante il Covid-19, che se si fosse attuato a tutti i livelli il Piano nazionale delle cronicità, molta della sofferenza si sarebbe potuta evitare. Ma è un racconto che restituisce anche – in modo tangibile - la grande forza riformatrice delle organizzazioni civiche, capaci di rispondere tempestivamente ai nuovi bisogni, organizzando servizi, costruendo alleanze, segnalando in modo puntuale cambiamenti normativi o procedurali necessari, mobilitando risorse (umane ed economiche), innovando le proprie modalità di funzionamento e introducendo e promuovendo pratiche dalle quali non si dovrà tornare indietro quando tutto sarà finito. 

Il rapporto, dal titolo “Isolati ma non soli: la risposta alla pandemia nel racconto delle associazioni”, nasce dal racconto di 34 associazioni di pazienti con malattie croniche e rare aderenti al CnAMC (Coordinamento nazionale Associazioni Malati Cronici) di Cittadinanzattiva.

Dal documento è emerso che più di due pazienti su cinque raccontano di visite, esami o interventi cancellati; più di uno su tre ha avuto difficoltà a restare in contatto con gli specialisti e i centri di riferimento per la propria patologia; più di uno su dieci non aveva a disposizione i dispositivi di protezione individuale o non ha trovato i farmaci di cui aveva necessità perché, molto spesso, utilizzati per i pazienti Covid. Alle difficoltà “pratiche” si sono aggiunti i disagi psicologici, segnalati da quasi tre cittadini su cinque: incertezza, paura, ansia, tristezza, senso di solitudine, angoscia, fatica, confusione.  

C’è tuttavia un rovescio della medaglia: è l’impegno delle associazioni civiche e di tutela dei diritti che, sin da subito, si sono attivate per fornire una risposta ai malati.

Dal laboratorio di dialettica per i ragazzi con deficit dell'ormone della crescita allo sportello online per le donne con fibromialgia, dai corsi yoga online per l’endometriosi al gioco sulle malattie rare, oltre l’85% delle associazioni ha potenziato le attività per restare in contatto e sostenere i propri associati. Il 70% ha incrementato i canali di comunicazione verso i propri associati, il 50% ha attivato servizi di sostegno psicologico, il 38% servizi di socializzazione come laboratori, videochat di gruppo, raccolta di testimonianze, giochi, supporto sociale ed educativo, quasi il 15% ha organizzato videolezioni di attività motoria e circa il 9% ha attivato anche un servizio di assistenza legale e lavorativa. Una associazione su tre ha stretto collaborazioni con professionisti sanitari per ottenere informazioni e consulenze online per i propri pazienti, ma anche con altre realtà associative per realizzare campagne di informazione e fare pressione sulle istituzioni.

La pandemia, però, osserva il XVIII Rapporto sulle politiche della cronicità (realizzato con il sostegno non condizionato di MSD), è stato un grande acceleratore di processi di innovazione 

Nel periodo del lockdown le associazioni hanno sperimentato l’innovazione soprattutto nella fase della presa in carico e della gestione della malattia, avendo esse stesse dovuto garantire in emergenza servizi di telemedicina e di tele riabilitazione; ma quelle stesse possibilità offerte dall’innovazione tecnologica e dalla digitalizzazione sono decisive altrettanto nella fase della prevenzione e per l’aderenza terapeutica (dal fascicolo sanitario elettronico all’incremento dei servizi di telemedicina per controlli e consulti, e per la gestione dei pazienti al domicilio, fino alla messa in rete delle farmacie). 

Esperienze come la ricetta dematerializzata o il rinnovo automatico dei Piani terapeutici sperimentati durante il lockdown potrebbero servire da modello per il futuro, così come un accesso più veloce ai farmaci contro il dolore, facilitare i percorsi di riconoscimento dell’invalidità, garantire un’assistenza farmaceutica e protesica non solo efficace, ma anche equa su tutto il territorio nazionale.

Lo stesso può dirsi dei modelli di assistenza che hanno spostato alcune prestazioni dall’ospedale al territorio o al domicilio vanno estesi: ne sono esempi la somministrazione di farmaci per pazienti oncologici, al di fuori degli ospedali, utilizzando le diramazioni territoriali delle ASL/ASST o il domicilio del paziente, e così via. 

Nel 2019, l’82% delle persone con malattia cronica o rara ha registrato un ritardo di diagnosi dovuto a vari fattori fra i quali la sottovalutazione dei sintomi, la mancanza di personale specializzato sul territorio, le liste d’attesa (Rapporto CnAMC 2019).

Il servizio sanitario ora dovrà riprendere il passo per tornare a curare i malati cronici: «Per far questo - scrive Cittadinanzattiva - occorre pianificare percorsi e procedure ad hoc per tutti i soggetti fragili e per coloro, familiari o caregiver, che li sostengono; occorre offrire uniformità e pari opportunità di accesso ai servizi, a prescindere dal luogo di residenza; occorre investire sul ruolo del caregiver attraverso una sua adeguata formazione e soprattutto attraverso la semplificazione del percorso di riconoscimento della qualifica di caregiver».

Fonte: HealthDesk articolo di redazione 13 ottobre 2020

A.L.I.Ce. Italia ODV

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