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Chi ha avuto Covid-19 è a maggior rischio di malattie cardiovascolari

Chi ha avuto Covid-19, soprattutto se è stato ricoverato, ha un maggior rischio di sviluppare problemi cardiaci, indipendentemente dalla presenza di fattori di rischio. Il rischio è particolarmente alto nei primi 30 giorni dell’infezione, ma resta elevato per un periodo più lungo

23 Dicembre 2022

Covid-19 aumenta il rischio di malattie cardiovascolari. Indipendentemente dalla presenza nei pazienti dei tipici fattori di rischio che predispongono ai problemi cardiaci. Il pericolo maggiore si osserva nei 30 giorni successivi all’infezione, ma può restare elevato anche successivamente. Lo dimostra un ampio studio pubblicato sulla rivista Heart che si basa sui dati della UK Biobank, il database inglese che raccoglie informazioni sulla salute di mezzo milione di persone.

I ricercatori hanno selezionato dall’archivio 53mila individui, 17mila dei quali avevano ricevuto una diagnosi di Covid tra marzo 2020 e marzo 2021. Il gruppo di controllo era composto da 35mila persone che non avevano contratto l’infezione. Gli scienziati hanno avuto accesso a tutte le informazioni possibili sulla salute del campione: esami, visite mediche, ricoveri, prescrizioni, certificati di morte.

Tra i 17mila casi di Covid, 2.700 hanno richiesto un ricovero ospedaliero a causa dell’infezione, 866 sono stati ricoverati per altre cause e 14mila sono stati curati a casa. Tutti i pazienti sono stati monitorati per 141 giorni in media per cogliere l’eventuale insorgenza di problemi cardiovascolari, tra cui infarto, ictus, scompenso cardiaco, fibrillazione atriale, tromboembolia venosa, pericardite. Sono stati analizzati i casi di morte per ogni causa e i casi di morte per malattia cardiovascolare o ischemica.

Rispetto ai loro coetanei che non avevano contratto il virus, coloro che avevano avuto Covid ma che non erano finiti in ospedale a causa dell’infezione avevano una probabilità quasi tre volte maggiore di sviluppare un trombo e circa 10 volte superiore di morire per qualsiasi causa nel periodo di osservazione.

I pazienti che erano stati ricoverati in ospedale a causa di Covid-19 avevano un rischio ancora più elevato di soffrire di malattie cardiovascolari indipendentemente dai fattori demografici e cardiometabolici potenzialmente influenti.

In particolare, le persone finite in ospedale per l’infezione avevano una probabilità 27 volte maggiore di sviluppare un trombo, un rischio di 21,5 volte superiore di ricevere una diagnosi di insufficienza cardiaca e una probabilità di 17,5 volte maggiore di avere un ictus.

Non solo. Il rischio di fibrillazione atriale, pericardite e infarto era rispettivamente 15, 14 e 10 volte più alto, rispetto al gruppo di controllo.

Anche le persone con Covid che erano state ricoverate per altri motivi avevano una probabilità maggiore di andare incontro a problemi cardiaci rispetto a chi non aveva avuto Covid. In questo gruppo il rischio di morte per ogni causa era inferiore a quello riscontrato nel gruppo dei ricoverati per Covid, ma il rischio di morte per malattia cardiovascolare o ischemia cardiaca era più elevato. Probabilmente perché proprio le patologie cardiache erano all’origine del ricovero.

I tassi di mortalità nei vari gruppi non hanno rappresentato una sorpresa per i ricercatori: le persone ammesse in ospedale per Covid-19 avevano una probabilità di morire 118 volte più alta rispetto a chi aveva contratto l’infezione ma non era stato ricoverato, mentre le persone con Covid ricoverate con una diagnosi secondaria avevano una probabilità 64 volte più alta di morire di chi non aveva avuto Covid.

Nella maggior parte di casi le malattie cardiovascolari, in particolare fibrillazione atriale, trombosi, pericardite si sono manifestate entro i primi 30 giorni dall'infezione e principalmente tra i pazienti ricoverati per Covid. Ma il rischio è rimasto, anche se in misura minore, più a lungo, in particolare per insufficienza cardiaca, fibrillazione atriale, trombosi, pericardite e decessi per tutte le cause.

Alla luce dei risultati, i ricercatori si chiedono se i trattamenti antitrombotici come le terapie antipiastriniche o anticoagulanti non debbano essere effettuati su tutti i pazienti o almeno per quelli che hanno avuto Covid in forma più grave.

Fonte: HealthDesk articolo di redazione 26 ottobre 2022

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