Attività, notizie ed eventi

Consapevolezza del rischio cardiovascolare nella donna

Le malattie cardiovascolari (CV) rappresentano, a tutt’oggi, il maggior killer delle donne a livello globale, sia nelle aree più industrializzate che in quelle più rurali. Solo nel 2019, a 275 milioni di donne nel mondo è stata diagnosticata una patologia cardiovascolare e, di queste, 9 milioni sono decedute per essa¹. Per molti anni, si è ritenuto che le donne in età fertile fossero protette dal rischio di eventi cardiovascolari grazie alla produzione estrogenica, generando un falso ottimismo riguardo al loro grado di protezione, e questo avrebbe contribuito a sottostimare il proprio rischio CV.

22 Giugno 2023

Gli studi attuali rifiutano, ormai, la spiegazione semplicistica della perdita della protezione ormonale con la menopausa, in quanto è stato osservato che l’ischemia miocardica, il più riconosciuto esempio dell’integrazione dei concetti di sesso e genere, con forme divergenti ed outcome clinici distinti², è il risultato del numero e del peso di numerosi fattori di rischio. I fattori di rischio cardiovascolare (FRCV) tradizionali si suddividono in non modificabili (familiarità, età, sesso, razza) e modificabili (ipertensione arteriosa, diabete mellito, dislipidemia, abitudine tabagica, nefropatie, obesità, inattività fisica) e sono ormai noti e studiati da tempo. Altri, invece, sono stati messi in evidenza negli ultimi anni e, pertanto, definiti fattori di rischio emergenti, ma ormai di fatto acclarati, quali menopausa precoce, diabete gestazionale, ipertensione gravidica, parto pretermine, sindrome dell’ovaio policistico, malattie infiammatorie sistemiche ed autoimmunitarie¹. Sia i FRCV tradizionali che i non tradizionali riconoscono un importantissimo comune denominatore, rappresentato dallo stress ossidativo, che costituisce un elemento fisiopatologico determinante della cardiopatia ischemica e, più in generale, della malattia aterosclerotica². Esistono, poi, fattori di rischio difficili da valutare ma connessi con il ruolo sociale della donna (condizione economica e culturale, violenza domestica, difficoltà di accesso alle cure, sottostima dei sintomi cardiovascolari, stati ansioso-depressivi). I FRCV non tradizionali, al contrario dei tradizionali, sono poco noti alla maggior parte dei medici e, pertanto, anche non considerati nella pratica clinica. Ancor meno lo sono nella popolazione generale. La maggior parte delle donne non conosce la severità e la frequenza con cui possono essere colpite dalle malattie cardiovascolari, e tanto meno conosce le loro cause³. La ragione di questo risiede nella mancanza di ricerca clinica ed epidemiologica sulla popolazione femminile, nella minore informazione rivolta alle donne sui fattori di rischio cardiovascolare ed ancor più su quelli genere-specifici, ed in una sottostima all’interno dei servizi sanitari della prevalenza delle malattie cardiovascolari nelle donne⁴. La scarsa consapevolezza femminile sia del rischio CV in generale sia della percezione del proprio rischio di andare incontro ad un evento cardiaco acuto è ampiamente riportata in letteratura fino ai nostri giorni. Già nel 2012, l’American Heart Association (AHA) aveva condotto una Survey nazionale allo scopo di valutare il grado di conoscenza delle malattie CV nella popolazione femminile americana, riscontrando solo un 56% di donne che riteneva le malattie CV la principale causa di mortalità. Questa consapevolezza è risultata aumentare nei 15 anni di osservazione, dal 1997 al 2012, raggiungendo il 62% nella fascia di età tra i 45 ed i 64 anni⁵. Tuttavia, nel 2021 sono stati resi noti i risultati di una analoga survey nazionale, sempre condotta dall’AHA, allo scopo di valutare il grado di consapevolezza della coronaropatia nelle donne nel decennio 2009-2019, ed i risultati hanno mostrato una significativa riduzione della consapevolezza tra il 2009 ed il 2019, con quasi il 65% delle partecipanti che ha dichiarato di non sapere che le malattie cardiache fossero la principale causa di mortalità⁶. Questa scarsa consapevolezza è stata più evidente nelle donne tra i 25 ed i 34 anni che hanno maggiormente dichiarato di non riuscire a condurre uno stile di vita sano a causa di stress e mancanza di tempo⁷. Come mostrato dal gruppo di Ramachandran, che ha analizzato 21 studi per un totale di 7471 donne, emerge che la consapevolezza sul rischio cardiovascolare, a prescindere dai confini e dalla popolazione, è generalmente bassa. Sebbene le donne siano a conoscenza del fatto che le malattie cardiovascolari rappresentino la principale causa di morte, non necessariamente le riconoscono come il maggiore problema sanitario⁷ e, anche quando ne siano già affette, la percezione e la stima del proprio profilo di rischio cardiovascolare rimangono sottovalutate. Anche i risultati dello studio VIRGO (Variation in Recovery: Role of Gender on Outcomes of Young AMI Patients), condotto su giovani donne con infarto miocardico acuto ha mostrato che solo la metà delle partecipanti si percepiva ad alto rischio di eventi nonostante un pattern comorbido, meno del 50% ha dichiarato di aver mai parlato col medico del proprio rischio CV e meno del 40% di aver mai parlato di malattie CV e riduzione del rischio⁸. Questi dati poco incoraggianti risentono, infatti, anche della scarsa conoscenza e consapevolezza nel personale sanitario: in un registro multicentrico, condotto su 600 mila accessi in urgenza in Florida, è emerso che, se il medico era di sesso femminile, la probabilità di sopravvivenza era alta e simile in entrambi i sessi; se, invece, era di sesso maschile, la probabilità si riduceva in entrambi i sessi, risultando più avversa nel sesso femminile, anche per quanto riguarda la ricorrenza di eventi ad un anno (uomini 6.8% vs donne 7.2%) e la mortalità (uomini 15% vs donne 22%)⁹. Infatti, sebbene i ricoveri per infarto miocardico acuto in donne tra i 35 ed i 54 anni siano aumentati significativamente negli ultimi 20 anni, durante la degenza, queste ultime risultano meno sottoposte a coronarografie e procedure di rivascolarizzazione, e sotto-trattate per quanto riguarda la terapia medica, in particolare relativamente all’uso di betabloccanti ed ipocolesterolemizzanti10. La società scientifica A.R.C.A. (Associazione Regionale Cardiologi Ambulatoriali) ha recepito questo gap culturale e, quindi, il conseguente bisogno formativo di medici e pazienti, ed ha avviato una survey nazionale, denominata CARIN WOMEN (CArdiovascular Risk Awareness of ItaliaN Women), allo scopo di valutare la percezione del grado di rischio CV femminile rispetto a quello maschile ed il grado di conoscenza dei fattori di rischio cardiovascolari tradizionali e del loro impatto sugli eventi CV. L’arruolamento, iniziato nel 2020 e terminato a novembre 2021, ha coinvolto 5600 donne afferenti ai nostri ambulatori di cardiologia di tutto il territorio nazionale. Anche in questa survey, nonostante un alto grado di conoscenza dei fattori di rischio CV più comuni, come ipertensione arteriosa, fumo, ipercolesterolemia, obesità, la consapevolezza del rischio per una donna di andare incontro ad eventi CV è risultata bassa. Infatti, il 50% delle intervistate non ha risposto correttamente, e solo il 13% ha ritenuto che il rischio CV fosse più alto nel sesso femminile rispetto a quello maschile (Figura 1).

Anche sullo stile di vita, i dati non sono incoraggianti: solo il 7% delle intervistate ha dichiarato di alimentarsi correttamente, e meno del 20% di svolgere un’attività fisica regolare. Alla domanda ‘se e da chi vorrebbero essere informate sul loro rischio CV’, oltre il 90% delle pazienti ha risposto che vorrebbe maggiori informazioni e che vorrebbe riceverle dal medico di famiglia (60%), o dal cardiologo (26%) e, solo in ultimo, dai social media (15%), percentuale -quest’ultima- peraltro, per nulla trascurabile. Pertanto, la comprensione della complessa interazione tra multipli fattori di rischio, fisiopatologia e manifestazione clinica di malattia durante tutto il ciclo di vita della donna è un punto di partenza per una medicina ormai di “precisione”. Le società scientifiche devono contribuire a colmare il gap della conoscenza, aumentare la consapevolezza delle malattie CV nelle donne e la conoscenza degli aspetti femminili della patologia nei medici, definire target ed obiettivi secondo dati ben consolidati, e rafforzare l’efficienza del sistema sanitario attraverso percorsi ambulatoriali dedicati, coinvolgendo gli operatori sanitari con una adeguata e specifica formazione.

ALICe

A.L.I.Ce. Italia ODV

  • Privacy Policy - Cookie Policy
  • Termini e condizioni
  • Login
  • sito realizzato da Studio Indaco