È un rapporto a due facce quello degli italiani con il mondo del farmaco, che attribuiscono alle aziende una reputazione ancora largamente inferiore al valore che riconoscono a ciò che le aziende stesse producono
È questo, in sintesi, il risultato più evidente del duplice sondaggio realizzato dal Censis, presentato al Lilly Campus di Sesto Fiorentino (FI) mercoledì 10 luglio, in occasione del sessantesimo anniversario della presenza in Italia della multinazionale americana Lilly.
L'istituto di ricerche ha interpellato un gruppo di testimoni privilegiati e poi un campione di 1.500 italiani rappresentativo della popolazione nazionale.
In breve, i risultati rivelano che il 41% degli intervistati riconosce il valore del prodotto nel migliorare la salute dei pazienti, ma il 37% ritiene che a prevalere sia la ricerca del profitto da parte delle aziende farmaceutiche. C’è inoltre un’ampia quota di cittadini (21% che sale al 29% tra coloro che hanno un titolo di studio inferiore) che dichiara di non essere in grado di esprimere un giudizio perché poco informata sull'argomento. Il 45% incolpa le aziende per i prezzi elevati e la scarsa accessibilità ai nuovi farmaci e solo il 33% considera l’industria farmaceutica positiva grazie al ruolo di primo piano in ricerca e innovazione.
«Dallo studio sulla reputazione delle aziende farmaceutiche - spiega Ketty Vaccaro, Responsabile Area salute e welfare della Fondazione Censis, che ha illustrato la ricerca - è emersa una immagine sociale polarizzata, confermata anche dai risultati di una indagine sulle opinioni degli italiani, in cui è ampiamente presente il riconoscimento del valore sociale delle aziende, che fatica però a diventare prevalente e rimane sullo sfondo di una connotazione in cui prevalgono le dimensioni critiche. Il vulnus reputazione è di tipo culturale ed è legato al “lucrare sulla salute”, ma è anche motivato dalle carenze di comunicazione sul ruolo delle aziende nella lotta alle malattie e nella ricerca, i cui elementi distintivi rimangono sconosciuti ai più. Per questo- aggiunge - i molti suggerimenti per migliorare l’immagine sociale delle aziende puntano sulla promozione di nuove strategie di comunicazione, improntate sulla trasparenza e l’esplicitazione del loro ruolo nella promozione della salute collettiva».
«Tutti i testimoni interpellati – precisa Vaccaro - concordano nell’attribuire un ruolo strategico alla comunicazione nella formazione della immagine sociale delle aziende. Sullo sfondo rimane la dimensione culturale condivisa» che «fa da base alla connotazione negativa di tale immagine, che non accetta l’idea dell’interesse economico associato alla salute». Questa idea, però, «coesiste con quella positiva, forse meno evidente ma comunque presente, che ne riconosce il ruolo nel perseguimento degli obiettivi di salute della popolazione, decisamente più presente nei media tradizionali e appannaggio di quote di popolazione in qualche modo più interessate alle tematiche della salute. Nella configurazione di questa polarizzazione, un po’ asimmetrica, concorrono più fattori, ma il ruolo della comunicazione viene unanimemente considerato strategico».
Il futuro della sanità «presenta grandi cambiamenti» prevede Nello Martini, direttore della Fondazione Ricerca e Salute, intervenuto alla manifestazione. Per esempio la medicina rigenerativa e la medicina di precisione o personalizzata e, ancora, la medicina della cronicità–multimorbidità. Tutte sfide che «si possono affrontare solo ripensando il modello del sistema-salute - sostiene Martini - e rivedendo i metodi di governance sanitaria, altrimenti non sarà possibile erogare le cure, non solo per i costi a esse associati, ma anche per l’assenza di un sistema in grado di erogarle in maniera funzionale».
«Il notevole miglioramento della salute, della longevità e dei progressi scientifici nella scienza forniscono il substrato per conquiste sempre più significative nel benessere umano» interviene Huzur Devletsah, amministratore delegato e presidente di Lilly Italy Hub. «La sfida più grande – prosegue - è far sì che l'innovazione diventi una reale opportunità per migliorare la qualità della vita del maggior numero possibile di pazienti. Per far questo dobbiamo costruire insieme, noi dell’industria farmaceutica, i pazienti, le Istituzioni, la classe medica, un sistema olistico centrato sul paziente: solo dalla sinergia tra tutti gli attori del sistema – conclude - potrà nascere un modello in grado di generare soluzioni di valore per il bene comune».
Fonte: HealthDesk redazione 10 luglio 2019