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Ictus: la spiritualità salva pazienti e caregiver dalla depressione

22 Giugno 2020

Si può misurare il livello di spiritualità di un individuo? Si può quantificare un concetto tanto astratto e soggettivo da sfuggire persino alle definizioni?

Inaspettatamente la risposta è “sì”. E si può osare anche di più: si può calcolare l’impatto della spiritualità sulla qualità di vita dei pazienti sopravvissuti a un ictus e dei loro caregiver. È quel che ha fatto un

gruppo di ricercatori del dipartimento di Biomedicina e Prevenzione dell’Università di Tor Vergata di Roma in collaborazione con i colleghi della School of Nursing del Boston College. I risultati della loro ricerca sono stati pubblicati su Circulation: Cardiovascular Quality and Outcomes

L’indagine è stata condotta in Italia tra 200 pazienti dall’età media di 71 anni che erano stati colpiti da un ictus senza essere rimasti danneggiati in modo grave, con livelli di disabilità medio-bassa.  Tra il 2016 e il 2018 tutti i pazienti e i loro caregiver hanno compilato una serie di questionari per valutare la spiritualità, la depressione e la qualità di vita percepite. 

Per la maggior parte dei casi il caregiver era una donna dall’età media di 52 anni. 

Dall’indagine è emerso che la spiritualità può fare la differenza. La profonda convinzione che esista qualcosa di più profondo della realtà materiale, qualcosa di non tangibile, ma di tanto reale da poter essere chiaramente percepito permette ai pazienti di vivere più serenamente. Il benessere spirituale dei sopravvissuti all’ictus viene mantenuto anche in presenza di sintomi depressivi tra i caregiver.

La depressione, lo dicono molti studi, è un rischio reale tanto per i pazienti sopravvissuti all’ictus quanto per le persone che li accudiscono. 

«Quando i caregiver si sentono depressi, una cosa frequente tra chi si prende cura delle persone che hanno subito un ictus, la spiritualità del sopravvissuto fa la differenza sulla qualità di vita. Ciò dimostra l'importante ruolo protettivo della spiritualità nella malattia e la necessità di studiarla più a fondo», ha affermato Gianluca Pucciarelli che ha guidato lo studio. 

In questo studio è stato riconosciuto per la prima volta alla spiritualità un ruolo importante nella fase di recupero dall’ictus. I ricercatori hanno osservato che esiste una forte associazione tra il livello di spiritualità e la qualità di vita dei pazienti e dei cargiver. I sopravvissuti all’ictus che avevano ottenuto punteggi più elevati nei questionari di valutazione sulla spiritualità mostravano un benessere psicologico superiore anche se i caregiver mostravano sintomi riconducibili alla depressione. 

Allo stesso modo, i caregiver con elevata spiritualità avevano una qualità di vita migliore. Al contrario, i sopravvissuti all’ictus con livelli di spiritualità sotto alla media avevano una qualità di vita peggiore e i loro caregiver condividevano lo stesso malessere. 

«La ricerca dimostra che la spiritualità può aiutare alcuni pazienti ad affrontare la malattia, ma pochi studi avevano esaminato i suoi effetti sulla qualità della vita tra i sopravvissuti all'ictus e i loro cargiver che li accudiscono per lungo tempo e che sono esposti ad un aumentato rischio di depressione», ha detto Pucciarelli, 

Quanto è grande il potere della spiritualità? Resta ancora da chiarire se gli effetti protettivi della spiritualità valgano anche per pazienti con disabilità più gravi o affetti da altre malattie. 

Fonte: HealthDesk articolo di redazione 17 giugno 2020

 

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