Dopo un secolo di crescita costante, la popolazione italiana oggi diminuisce. E nello stesso tempo invecchia: nel 2050 saremo due milioni e mezzo in meno, ma il dato ancora più rilevante è che gli ultrasessantacinquenni, che oggi sono un quarto della popolazione, diventeranno più di un terzo, vale a dire 20 milioni di persone, di cui oltre 4 milioni avranno più di 85 anni.
Questi sono solo alcuni tra i dati delle proiezioni al 2030 e al 2050 elaborate dall’Istat per Italia Longeva – Rete nazionale sull’invecchiamento e la longevità attiva, presentate nel corso della terza edizione degli Stati generali dell’assistenza a lungo termine, che si è svolta mercoledì 11 e giovedì 12 luglio a Roma.
Le proiezioni elaborate dall'Istituto di statistica segnalano una “bomba dell’invecchiamento” pronta a esplodere già dal 2030 se non adeguatamente gestita, che innescherà tra l’altro un circolo vizioso: l’aumento della vita media causerà l’incremento di condizioni patologiche che richiedono cure a lungo termine e un’impennata del numero di persone non autosufficienti, esposte al rischio di solitudine e di emarginazione sociale; così crescerà inesorabilmente anche la spesa per la cura e l’assistenza a lungo termine degli anziani, ma anche quella previdenziale, mentre diminuirà la forza produttiva del Paese e non ci saranno abbastanza giovani per prendersi cura dei nostri vecchi. Infatti, oggi tre lavoratori hanno sulle spalle un anziano, domani saranno solo in due a sostenerlo.
«I dati presentati si riferiscono a semplici proiezioni della situazione attuale - avverte il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva - e pur non trascurando un rilevante margine di incertezza, non vi è dubbio che il quadro prospettico sollevi una questione di sostenibilità strutturale per l’intero Paese».
Il quadro epidemiologico. Nei prossimi dieci anni 8 milioni di anziani avranno almeno una malattia cronica grave: ipertensione, diabete, demenza, malattie cardiovascolari e respiratorie. «Curarli tutti in ospedale – commenta Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva – equivarrebbe a trasformare Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna e Firenze in grandi reparti a cielo aperto. È evidente, quindi, che le cure sul territorio non rappresentano più un’opzione, ma un obbligo per dare una risposta efficace alla fragilità e alla non autosufficienza dei nostri anziani, che si accompagnerà anche a una crescente solitudine. Le stime Istat per Italia Longeva ci dicono che, nel 2030, potrebbero arrivare a 4 milioni e mezzo gli ultra 65enni che vivranno da soli e, di questi, 1 milione e 200 mila avrà più di 85 anni».
Assistenza, cura e sostenibilità. Non solo. Se oggi ci sono 35 anziani ogni cento persone in età lavorativa, nel 2050 ce ne saranno quasi il doppio: 63. E poi c'è la disabilità, che nel 2030, osserva Bernabei, interesserà 5 milioni di anziani «e diventerà la vera emergenza del futuro e il principale problema di sostenibilità economica nel nostro Paese».
Nei prossimi 50 anni «le generazioni maggiormente a rischio di non autosufficienza – ricorda Tito Boeri, presidente dell’Inps - passeranno da un quinto a un terzo della popolazione italiana. Non è pensabile rispondere a una domanda crescente di assistenza di lungo periodo basandosi pressoché interamente sul contributo delle famiglie. Ci vogliono politiche di riconciliazione fra lavoro e responsabilità famigliari che modulino gli aiuti in base allo stato di bisogno, ad esempio sembra opportuno rimodulare i permessi della L. 104/92 in base al bisogno effettivo di assistenza».
Disuguaglianze. Al Nord, un over65 ha il triplo delle possibilità di essere ospitato in una residenza sanitaria assistenziale rispetto a un cittadino del Sud, e ha a disposizione circa il quintuplo di assistenza domiciliare, in termini di ore e di servizi. Ma i dati poco incoraggianti sulla disponibilità di posti letto nelle strutture sociosanitarie pubbliche e private, e sul numero di ore dedicate alle cure domiciliari, mostrano un’offerta disomogenea nelle varie regioni, con un divario che va oltre le disuguaglianze Nord-Sud.
Il banco di prova della Long-Term Care. «Dobbiamo evitare che l’Italia diventi un enorme ma disorganizzato ospizio – conclude Bernabei – nel quale resteranno pochi giovani costretti a lavorare a più non posso per sostenere milioni di anziani soli e disabili. E a questo scopo prevenire le malattie non basterà. Visto il numero di over 85, bisognerà far fronte alla inevitabile perdita di autonomia, investendo in reti assistenziali, competenze e tecnologia, la famosa tecno assistenza che propugniamo da anni: in altre parole, scommettere su una Long-Term Care matura e moderna, che si rivelerà il vero banco di prova per il futuro del Paese. Se perdiamo questa partita, i numeri, che grazie all’Istat già conosciamo, ci schiacceranno. E sarà vana qualsiasi altra riforma della sanità, del lavoro o della previdenza sociale».
Fonte: HealthDesk redazione 13 luglio 2018