Soprattutto in alcune aree della medicina i nuovi prodotti si sono distinti per le mancate promesse. In psichiatria e neurologia a portare un beneficio reale è stato solo il 6% dei medicinali. Le terapie per il diabete lo hanno fatto solo nel 17% dei casi
Nuovo non sempre vuol dire migliore. Più della metà dei nuovi farmaci entrati in commercio non offrono maggiori benefici ai pazienti rispetto alle terapie standard. È la conclusione a cui è giunta un’indagine pubblicata sul British Medical Journal che invita a riflettere sul sistema di approvazione dei medicinali e sulla necessità di una riforma dell’intero processo.
L'analisi è stata condotta in Germania, ma ha ricadute su tutti i Paesi d’Europa dato che i farmaci in questione sono passati al vaglio dell’European Medicines Agency guadagnandosi di diritto la licenza di vendita in tutta Europa. A realizzarla tre ricercatori dell’Institute for Quality and Efficiency in Health Care (IQWiG), organo indipendente che valuta i nuovi farmaci e ne decide l'ingresso sul mercato definendone il prezzo:
Tra il 2011 e il 2017 l’Institute for Quality and Efficiency in Health Care (IQWiG) hanno immesso 216 medicinali nel mercato tedesco dopo l’approvazione di legge. Solamente 54 (il 25%) si sono rivelati superiori ai precedenti garantendo effettivi benefici sulla salute. In altri 35 casi (16%), i vantaggi erano minimi e difficilmente quantificabili. Per i rimanenti 125 farmaci (58%) non sono state trovate prove di reali progressi rispetto alle cure standard.
Soprattutto in alcuni ambiti della medicina, i nuovi prodotti si sono fatti riconoscere per le mancate promesse. Per esempio in psichiatria e neurologia a portare un beneficio è stato solamente il 6 per cento dei medicinali. Le terapie per il diabete hanno fatto progressi solo nel 17 per cento dei casi.
B Wieseler, N McGauran, T Kaiser. New drugs: where did we go wrong and what can we do better? in BMJ 2019; 366: l4340.
Per i ricercatori, i dati rappresentano la conferma che il sistema di approvazione dei medicinali dovrebbe essere corretto: né i sistemi sanitari dei Paesi né i singoli cittadini possono permettersi di sostenere spese più elevate per farmaci che funzionano quanto quelli vecchi a più buon mercato.
Nasce però il problema di dove mettere le mani: quali parti dell’ingranaggio vanno cambiate? quali fasi dell’iter di valutazione e approvazione dei medicinali devono essere riformate? Resta poi sullo sfondo la discussione sul concetto di innovatività.
A leggere i commenti dei ricercatori tedeschi, il termine “innovativo” in medicina viene spesso utilizzato a sproposito. Passano per innovazione delle piccole modifiche a prodotti già esistenti secondo uno schema molto diffuso che gli autori di questa indagine chiamano “me-too drugs”. Molti prodotti terapeutici hanno la stessa modalità di azione del capostipite, a suo tempo entrato nel mercato come una effettiva novità: dopo il primo farmaco arrivano sul mercato molti altri simili. Nulla di innovativo, quindi, ma solo copie ben fatte. Di tutto questo i pazienti non sanno nulla e la loro scelta sulla terapia da seguire non avviene quasi mai in modo informato.
Dove intervenire, dunque? Per i ricercatori tedeschi si potrebbe cominciare dal condurre trial clinici con criteri più stringenti, per esempio: più lunghi e con numeri più ampi di pazienti. E poi, importantissimi sono gli studi post marketing per valutare i benefici del medicinale nel mondo reale, che non sempre vengono condotti e spesso forniscono risultati dopo troppi anni dall'immissione in commercio del medicinale.
«Qualunque sistema sanitario che ambisca a potersi definire paziente-centrico sta venendo meno ai suoi doveri etici. Riteniamo che gli enti regolatori debbano diventare molto meno tolleranti riguardo ai programmi di sviluppo di farmaci accelerati. Ripristinando la loro politica precedente, dovrebbero esigere prove solide da studi controllati randomizzati di fase III sufficientemente ampi e di durata maggiore per dimostrare efficacia e sicurezza», scrivono gli scienziati secondo cui in futuro gli enti regolatori dovrebbero assumere un ruolo attivo nella pianificazione dello sviluppo dei farmaci, indirizzando la ricerca in base alle esigenze dei pazienti e dei sistemi sanitari.
Fonte: HealthDesk redazione 17/07/2019