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Sanità: pronto il documento di riforma dell’Assistenza Territoriale ma è nuovo stallo da parte delle regioni

La sintesi del documento: stanziamenti e novità strutturali. Dopo la mancata intesa in Conferenza Stato-Regioni il Consiglio dei ministri ha deciso di procedere per l'approvazione "alternativa"

13 Luglio 2022

La pandemia ha reso evidenti almeno tre limiti. Il ritardo accumulato nell’adeguare il nostro SSN a un mutato contesto demografico ed epidemiologico, il deficit digitale della sanità italiana, una crescita delle disuguaglianze nell’accesso ai LEA”. Sono queste le premesse da cui è partito il Ministro della Salute Roberto Speranza nella sua recente audizione presso la XII Commissione Affari Sociali alla Camera dei Deputati, nel corso della quale ha posto l’accento sul modo in cui i fondi alloccati grazie al PNRR saranno investiti in materia di salute, anticipando alcuni aspetti della riforma di “Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale”, previsti dalla bozza del DM 71 resa pubblica negli ultimi giorni.

Il DM 71, così denominato con l’intento di richiamare una sorta di continuità con il Decreto precedente (DM 70 del 2015 “Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera”, ancora operativo), vuole essere – nelle intenzioni del Ministro – la premessa e il punto di partenza della Riforma dell’Assistenza Territoriale.

Il decreto, secondo quanto dichiarato, prevede alcuni ingenti stanziamenti che dovrebbero essere così distribuiti:

  • 2 miliardi per Case Della Comunità e presa in carico delle persone,
  • 4 miliardi per assistenza domiciliare e telemedicina,
  • 1 miliardo per lo sviluppo di cure intermedie,
  • 0,5 miliardi per salute ambiente e clima.

Per poter rispettare i tre principi alla base del nostro Servizio Sanitario Nazionale: universalità, uguaglianza ed equità – si legge nella bozza del DM – è necessario incrementare la capacità di operare come un sistema vicino alla comunità del SSN stesso, progettato per le persone e con le persone. In tale ottica e contesto si inserisce la necessità di potenziare i servizi assistenziali territoriali per perseguire la garanzia dei LEA, riducendo le disuguaglianze, e contestualmente costruendo un modello di erogazione dei servizi condiviso e omogeneo sul territorio nazionale. Osservatorio Malattie Rare ha sintetizzato la bozza del documento, che potrebbe evidentemente modificare nettamente l’attuale gestione sanitaria nell’ambito delle cronicità e delle malattie rare.

Prima di passare alla sintesi del documento ricordiamo però che, come già rilevato per l’iter di approvazione del Nuovo Nomenclatore che andrà a rendere operativi i LEA definiti dal DPCM 15/2017, ci troviamo di fronte all’ennesimo caso di bozza di normativa costruita a seguito di un lungo confronto con le istituzioni territoriali, che tuttavia non rassicura sui tempi di approvazione rapida da parte della Conferenza Stato-Regioni. Tempi che, come nel caso del Nomenclatore, si riducono in un disallineamento tra l’evoluzione medica e tecnologica e la copertura di prestazioni prevista dal SSN, in mancate prestazioni erogate e in malattie rare ancora prive di riconoscimento.

Ricordiamo inoltre che in questi due anni di emergenza sanitaria Osservatorio Malattie Rare ha più volte testimoniato come i pazienti più fragili abbiano fronteggiato (e in alcuni casi lo stiano ancora facendo) una vera e propria “emergenza nell’emergenza” proprio sul fronte del mancato accesso alle terapie domiciliari, tema centrale per la riforma sanitaria che Speranza prospetta.

Il Ministero della Salute, tra l'altro, ha predisposto e che contiene tutte le informazioni sulla Missione 6 del PNRR, compresi i dettagli di riforma previsti dal DM 71: è possibile consultarlo a questo link www.pnrr.salute.gov.it.
In esso si trovano: attuazione, investimenti, bandi, avvisi, norme e atti, e notizie.

LA SINTESI DELLA BOZZA DEL DM 71

Il SSN persegue l’intendo di erogare servizi universalmente accessibili, integrati, centrati sulla persona in risposta alla maggioranza dei problemi di salute del singolo e della comunità nel contesto di vita questa visione, mediante la pianificazione, il rafforzamento e la valorizzazione dei servizi territoriali.

L’articolazione di figure, luoghi di cura e iniziative inserite all’interno della bozza del DM 71 si basa sull’assunto che, per essere realmente efficaci i servizi sanitari devono essere in grado di tutelare la salute dell’intera popolazione e non solo di coloro che richiedono attivamente una prestazione sanitaria. La più recente normativa nazionale (articolo 7 del decreto legge n. 34/2020), sulla base della crescente disponibilità di dati digitali, pone l’attenzione sulla possibilità di sviluppare modelli predittivi, che consentano la stratificazione della popolazione, il monitoraggio per fattori di rischio, la gestione integrata di patologie croniche e di situazioni complesse.

In tale ottica, particolare attenzione deve essere posta nei riguardi dei soggetti con patologie croniche, oggi sempre più diffuse in termini di incidenza e prevalenza, e per le quali il Piano Nazionale della Cronicità ha individuato le diverse fasi principali del percorso assistenziale:

  • valutazione del profilo epidemiologico della popolazione di riferimento (stratificazione del rischio);
  • valutazione delle priorità d’intervento;
  • definizione del profilo d’offerta più appropriata di servizi socioassistenziali;
  • promozione della salute, prevenzione e diagnosi precoce;
  • presa in carico e gestione del paziente attraverso il piano di cura;
  • erogazione di interventi personalizzati;
  • valutazione della qualità delle cure erogate.

L’adozione di un modello di stratificazione comune su tutto il territorio nazionale permetterà lo sviluppo di un linguaggio uniforme che vuole garantire equità di accesso e omogeneità di presa in carico. Tale modello di stratificazione, che utilizza informazioni relative ai bisogni clinici assistenziali e sociali della persona, ha la finalità di individuare interventi appropriati, sostenibili e personalizzati che vengono definiti nel Progetto di Salute.

Il Progetto di Salute è il filo conduttore che rappresenta la storia della persona e dei suoi bisogni clinico-socioassistenziali, in raccordo con i servizi sociali, seguendola prima ancora che sviluppi una patologia, dal momento in cui viene identificato come portatore di fattori di rischio o a partire dal primo contatto con il SSN, alimentando in modo coerente e tempestivo il relativo FSE. Il Progetto di Salute rappresenta, inoltre, uno strumento di programmazione, verifica e controllo della coerenza clinica e socioassistenziale della presa in carico, grazie alla definizione di azioni appropriate rispetto alle condizioni cliniche, sociali e dei bisogni assistenziali che determinano il livello di complessità del singolo caso, in un’ottica di continuità temporale con rivalutazioni periodiche.

L’individuazione dei bisogni socioassistenziali che portano alla definizione del Progetto di Salute determina l’identificazione di un’équipe multiprofessionale minima (medico di medicina generale/pediatra di libera scelta, medico specialista ed infermiere), maggiore è la complessità clinico-assistenziale maggiori saranno le figure professionali coinvolte e in continua evoluzione in relazione all’evolversi della malattia ed allo stato di fragilità espressa.

Sono previsti sei livelli di stratificazione del rischio, sulla base dei bisogni socioassistenziali: dalla persona in salute a quella in fase terminale, passando per differenti gradi di complessità clinico-assistenziale.

Vediamo di seguito, in sintesi, gli istituti e le figure professionali che il nuovo piano della sanità territoriale ha previsto, introducendoli ex novo o potenziandoli.

CASA DELLA COMUNITÀ

La Casa della Comunità (CdC) è il luogo fisico di riferimento per la comunità su cui insiste, è un luogo di prossimità e di facile individuazione dove la comunità può accedere per poter entrare in contatto con il sistema di assistenza sanitaria al fine di trovare risposta a un proprio bisogno di salute. La CdC introduce un modello organizzativo di approccio integrato e multidisciplinare attraverso un’équipe multiprofessionale territoriale. Costituisce la sede privilegiata per la progettazione e l’erogazione di interventi sanitari.

La CdC rappresenta il luogo in cui il SSN si coordina e si integra con il sistema dei servizi sociali proponendo un raccordo intrasettoriale dei servizi in termini di percorsi e soluzioni basati sull’integrazione delle diverse dimensioni di intervento e dei diversi ambiti di competenza, con un approccio orizzontale e trasversale ai bisogni tenendo conto anche della dimensione personale dell’assistito.

Per rispondere alle differenti esigenze territoriali, garantire equità di accesso, capillarità e prossimità del servizio, si prevede la costituzione di una rete di assistenza territoriale formata secondo il modello hub e spoke. Lo standard di personale per 1 Casa di Comunità hub è composto da 7-11 Infermieri, 1 assistente sociale, 5-8 unità di Personale di Supporto, (Sociosanitario, Amministrativo).

La CdC hub garantisce l’erogazione dei seguenti servizi, anche mediante modalità di telemedicina e tele assistenza e relative competenze professionali:

  • Équipe multiprofessionali (MMG, PLS, Continuità Assistenziale, Specialisti Ambulatoriali Interni (SAI) e dipendenti, Infermieri e altre figure sanitarie e sociosanitarie);
  • Presenza medica h24 - 7 giorni su 7 anche attraverso l’integrazione della Continuità Assistenziale;
  • Presenza infermieristica h12 - 7 giorni su 7; - Punto Unico di Accesso (PUA) sanitario;
  • Punto prelievi;
  • Servizi diagnostici finalizzati al monitoraggio della cronicità con strumentazione diagnostica di base (ecografo, elettrocardiografo, retinografo, oct, spirometro, ecc.) anche attraverso strumenti di telemedicina (es. telerefertazione, ecc.); - Servizi ambulatoriali specialistici per le patologie ad elevata prevalenza (cardiologia, pneumologia, diabetologia, ecc.);
  • Servizi infermieristici, sia in termini di prevenzione collettiva e promozione della salute pubblica, inclusa l’attività dell’Infermiere di Famiglia o Comunità (IFoC), ambulatori infermieristici per la gestione integrata della cronicità e per la risposta ai bisogni occasionali;
  • Sistema integrato di prenotazione collegato al CUP aziendale;
  • Servizio di assistenza domiciliare di base;
  • Partecipazione della Comunità e valorizzazione della co-produzione, attraverso le associazioni di cittadini e volontariato;
  • Integrazione con i servizi sociali.

La CdC spoke garantisce l’erogazione dei seguenti servizi, anche mediante modalità di telemedicina:

  • Équipe multiprofessionali (MMG, PLS, Specialisti Ambulatoriali Interni (SAI) e dipendenti, Infermieri e altre figure sanitarie e sociosanitarie);
  • Presenza medica e infermieristica almeno h12 - 6 giorni su 7 (lunedì-sabato);
  • Punto Unico di Accesso (PUA) sanitario; - Alcuni servizi ambulatoriali per patologie ad elevata prevalenza (cardiologo, pneumologo, diabetologo, ecc.);
  • Servizi infermieristici, sia in termini di prevenzione collettiva e promozione della salute pubblica, inclusa l’attività dell’Infermiere di Famiglia o Comunità (IFoC), sia di continuità di assistenza sanitaria, per la gestione integrata delle patologie croniche;
  • Collegamento con la Casa della Comunità hub di riferimento;
  • Sistema integrato di prenotazione collegato al CUP aziendale;
  • Partecipazione della Comunità e valorizzazione co-produzione, attraverso le associazioni di cittadini, volontariato.

INFERMIERE DI FAMIGLIA O COMUNITÀ

L’Infermiere di Famiglia o Comunità è la figura professionale di riferimento che assicura l’assistenza infermieristica ai diversi livelli di complessità in collaborazione con tutti i professionisti presenti nella comunità in cui opera, perseguendo l’integrazione interdisciplinare, sanitaria e sociale dei servizi e dei professionisti e ponendo al centro la persona. L’IFoC è un professionista, che interagisce con tutti gli attori e le risorse presenti nella comunità formali e informali, responsabile dei processi infermieristici in ambito familiare e comunitario che, attraverso una presenza continuativa e proattiva nell’area/ambito o comunità di riferimento, assicura l’assistenza infermieristica in collaborazione con tutti i professionisti presenti nella comunità (MMG/PLS, assistente sociale, professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, ecc.) perseguendo l’integrazione interdisciplinare sanitaria dei servizi e dei professionisti e ponendo al centro la persona.

In sintesi, l’Infermiere di Famiglia o Comunità:

  • collabora all’intercettazione del bisogno di salute, agendo sulla promozione, prevenzione e gestione della salute in tutte le fasce d’età;
  • contribuisce alla programmazione delle attività anche attraverso gli strumenti propri della gestione degli assistiti finalizzati a mantenere la popolazione in condizioni di buona salute rispondendo ai bisogni del singolo paziente sia in termini di prevenzione sia di cura delle condizioni croniche;
  • favorisce l’accessibilità e l’orientamento ai servizi al fine di garantire un’effettiva presa in carico della persona assistita;
  • promuove il coinvolgimento attivo e consapevole della comunità, organizzando processi e momenti di educazione sanitaria di gruppo in presenza o in remoto, in collaborazione con tutti i livelli e gli attori sanitari;
  • utilizza sistematicamente strumenti digitali e di telemedicina e teleassistenza.

UNITÀ DI CONTINUITÀ ASSISTENZIALE

L’Unità di Continuità Assistenziale (UCA) è un’équipe mobile distrettuale per la gestione e il supporto della presa in carico di individui, o di comunità, che versano in condizioni clinico-assistenziali di particolare complessità e che comportano una comprovata difficoltà operativa. L'équipe UCA afferisce al Distretto ed è composta da almeno 1 medico e 1 infermiere che operano sul territorio di riferimento anche attraverso l’utilizzo di strumenti di telemedicina (es. televisita e teleassistenza) e in collaborazione con MMG e PLS delle AFT/UCCP, può essere eventualmente integrata con altre figure professionali sanitarie. Al fine di svolgere la propria attività l’UCA può usufruire del supporto a distanza (teleconsulto) di specialisti del territorio ed ospedalieri.

L'UCA può essere attivata in presenza di condizioni clinico-assistenziali di particolare complessità e di comprovata difficoltà operativa di presa in carico. Essa non sostituisce ma supporta per un tempo definito i professionisti responsabili della presa in carico del paziente e della comunità.

CENTRALE OPERATIVA TERRITORIALE

La Centrale Operativa Territoriale (COT) è un modello organizzativo che svolge una funzione di coordinamento della presa in carico della persona e raccordo tra servizi e professionisti coinvolti nei diversi setting assistenziali. L’obiettivo della COT è quello di assicurare continuità, accessibilità e integrazione dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria.

La COT assolve al suo ruolo di raccordo tra i vari servizi attraverso funzioni distinte e specifiche, seppur tra loro interdipendenti:

  • coordinamento della presa in carico della persona tra i servizi e i professionisti sanitari coinvolti nei diversi setting assistenziali (transizione tra i diversi setting: ammissione/dimissione nelle strutture ospedaliere, ammissione/dimissione trattamento temporaneo e/o definitivo residenziale, ammissione/dimissione presso le strutture di ricovero intermedie o dimissione domiciliare);
  • coordinamento/ottimizzazione degli interventi, attivando soggetti e risorse della rete assistenziale;
  • tracciamento e monitoraggio delle transizioni da un luogo di cura all'altro o da un livello clinico assistenziale all'altro;
  • supporto informativo e logistico, ai professionisti della rete assistenziale (MMG, PLS, MCA, IFeC ecc.), riguardo le attività e servizi distrettuali;
  • monitoraggio, anche attraverso strumenti di telemedicina, dei pazienti in assistenza domiciliare e gestione della piattaforma tecnologica di supporto per la presa in carico della persona, (telemedicina, teleassistenza, strumenti di e-health, ecc.), utilizzata operativamente dalle CdC e dagli altri servizi afferenti al Distretto, al fine di raccogliere, decodificare e classificare il bisogno.

Tutti gli attori del sistema, personale distrettuale e ospedaliero (MMG, PLS e medici di continuità assistenziale, medici specialisti ambulatoriali interni, ecc.), possono richiedere l’intervento della COT, che deve essere operativa 7 giorni su 7 e deve essere dotata di infrastrutture tecnologiche ed informatiche quali ad esempio piattaforma comune integrata con i principali applicativi di gestione aziendale, software con accesso al Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) ecc.

CENTRALE OPERATIVA 116117

La Centrale Operativa 116117, sede del Numero Europeo Armonizzato (NEA) per le cure mediche non urgenti, offre un servizio telefonico gratuito alla popolazione attivo 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 per tutte le prestazioni sanitarie e sociosanitarie a bassa intensità assistenziale.

La NEA 116117 eroga servizi:

  • che garantiscono una risposta operativa con trasferimento di chiamata (servizio erogabile obbligatorio) per
    • prestazioni e/o consigli medici non urgenti nelle ore di apertura del servizio di Continuità Assistenziale,
    • individuazione e trasferimento delle richieste di soccorso sanitario urgente al 118/112.
  • che garantiscono la risposta di tipo informativo (servizio erogabile obbligatorio). Può essere prevista anche la risposta operativa con trasferimento di chiamata (servizio consigliato) per
    • modalità di accesso a MMG/PLS anche in caso di difficoltà di reperimento,
    • consigli sanitari non urgenti prima dell’orario di apertura del servizio di Continuità Assistenziale e dopo l’orario di chiusura con eventuale inoltro della chiamata al 118,
    • modalità di accesso alla Guardia medica turistica.

ASSISTENZA DOMICILIARE

Le cure domiciliari, nelle sue forme previste nell’ambito dei Livelli essenziali di assistenza, si configurano come un servizio in grado di gestire al domicilio interventi a diverso livello di intensità e complessità dell’assistenza nell’ambito di specifici percorsi di cura e di un piano personalizzato. Le Cure Domiciliari si articolano in un livello Base e in Cure Domiciliari Integrate (ADI di I livello, ADI di II livello, ADI di III livello) e consistono in trattamenti medici, infermieristici, riabilitativi, diagnostici, ecc., prestati da personale sanitario e sociosanitario qualificato per la cura e l’assistenza alle persone non autosufficienti e in condizioni di fragilità, con patologie in atto o esiti delle stesse, per stabilizzare il quadro clinico, limitare il declino funzionale e migliorare la qualità della vita quotidiana.

Le risposte assistenziali, differenziate per intensità e complessità, sono programmate a seguito della Valutazione Multidimensionale e della conseguente formulazione di un Progetto di assistenza individuale integrato (PAI) che comprende, quando necessario, anche il Piano di Riabilitazione Individuale (PRI).

Il servizio di cure domiciliari garantisce la continuità assistenziale 7 giorni su 7 e 24 ore su 24 nelle modalità indicate dalla normativa nazionale e regionale vigente ivi compresi i servizi di telemedicina nelle modalità e forme previste.

OSPEDALE DI COMUNITÀ

L’Ospedale di Comunità (OdC) svolge una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero, con la finalità di evitare ricoveri ospedalieri impropri e di favorire dimissioni protette in luoghi più idonei al prevalere di fabbisogni assistenziali, di stabilizzazione clinica, di recupero funzionale e dell’autonomia più prossimi al domicilio.

L’OdC è una struttura sanitaria territoriale, rivolta a pazienti che, a seguito di un episodio di acuzie minore o per la riacutizzazione di patologie croniche, necessitano di interventi sanitari a bassa intensità clinica potenzialmente erogabili a domicilio, ma che necessitano di assistenza/sorveglianza sanitaria infermieristica continuativa, anche notturna, non erogabile a domicilio o in mancanza di idoneità del domicilio stesso (strutturale e/o familiare).

L’OdC ha un numero di posti letto di norma tra 15 e 20, può avere una sede propria, essere collocato in una Casa della Comunità, in strutture sanitarie polifunzionali, presso strutture residenziali sociosanitarie oppure essere situato in una struttura ospedaliera, ma è riconducibile ai servizi ricompresi nell’assistenza territoriale distrettuale.

In sintesi, le categorie principali di pazienti eleggibili sono le seguenti:

  1. pazienti fragili e/o cronici, provenienti dal domicilio, per la presenza di riacutizzazione di condizione clinica preesistente, insorgenza di un quadro imprevisto, in cui il ricovero in ospedale risulti inappropriato;
  2. pazienti, prevalentemente affetti da multimorbidità, provenienti da struttura ospedaliera, per acuti o riabilitativa, clinicamente dimissibili per conclusione del percorso diagnostico terapeutico ospedaliero, ma con condizioni richiedenti assistenza infermieristica continuativa;
  3. pazienti che necessitano di assistenza nella somministrazione di farmaci o nella gestione di presidi e dispositivi, che necessitano di interventi di affiancamento, educazione ed addestramento del paziente e del caregiver prima del ritorno al domicilio;
  4. pazienti che necessitano di supporto riabilitativo-rieducativo, il quale può sostanziarsi in: valutazioni finalizzate a proporre strategie utili al mantenimento delle funzioni e delle capacità residue (es. proposte di fornitura di ausili); supporto ed educazione terapeutica al paziente con disabilità motoria, cognitiva e funzionale; interventi fisioterapici nell’ambito di Percorsi/PDTA/Protocolli già attivati nel reparto di provenienza e finalizzati al rientro a domicilio.

L’accesso presso l’OdC avviene su proposta di:

  • medico di medicina generale;
  • medico di continuità assistenziale;
  • medico specialista ambulatoriale interno e ospedaliero;
  • medico del pronto soccorso;
  • pediatra di libera scelta.

L’OdC, pur avendo un’autonomia funzionale, opera in forte integrazione con gli altri servizi sanitari, quali: la rete delle cure intermedie, i servizi di assistenza specialistica ambulatoriale, le cure domiciliari e i servizi di emergenza urgenza territoriali.

CONSULTORIO FAMILIARE

Il Consultorio Familiare è la struttura aziendale a libero accesso e gratuita, deputata alla prevenzione, promozione della salute, consulenza e cura rivolte alla donna, al minore, alla famiglia in senso ampio, in linea con le evoluzioni sociali correnti e al contesto comunitario di riferimento dei predetti. Il CF, nell’ambito dell’assistenza territoriale ad accesso diretto, garantisce le prestazioni, anche domiciliari, mediche specialistiche, diagnostiche e terapeutiche, ostetriche, psicologiche e psicoterapeutiche, infermieristiche, riabilitative, alle donne, ai minori, alle coppie e alle famiglie. Gli ambiti di attività dei CF sono quelli previsti nei Livelli Essenziali di Assistenza.

Le figure professionali che possono operare nel CF sono: l’ostetrica, il medico ginecologo, lo psicologo, l’assistente sociale, l’ostetrica, l’infermiere, l’assistente sanitario e altro personale sanitario, quale ad esempio l’educatore professionale con funzioni sociosanitarie, il personale amministrativo, ed altre figure come il mediatore linguistico culturale, il mediatore familiare, il terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva (tnpee), il tecnico della riabilitazione psichiatrica (terp), l’assistente sanitario, l’avvocato.

PREVENZIONE IN AMBITO SANITARIO, AMBIENTALE E CLIMATICO

Il Dipartimento di Prevenzione (DP) ha il compito di promuovere azioni volte a individuare e rimuovere le cause di nocività e malattia di origine ambientale, umana e animale, mediante iniziative coordinate con i distretti e con i dipartimenti dell'azienda sanitaria locale e delle aziende ospedaliere, prevedendo il coinvolgimento di operatori di diverse discipline.

Alla luce di quanto definito dal LEA “Prevenzione collettiva e sanità pubblica”, come da DPCM 12 gennaio 2017, il DP garantisce attraverso le sue articolazioni e i suoi professionisti il supporto tecnico-scientifico alle autorità sanitarie locali in tutti gli aspetti relativi alla Sanità Pubblica ed esercita nell’ambito delle risorse umane disponibili a legislazione vigente le seguenti funzioni:

  1. Sorveglianza, prevenzione e controllo delle malattie infettive e parassitarie, inclusi i programmi vaccinali
  2. Tutela della salute e della sicurezza degli ambienti aperti e confinati
  3. Sorveglianza, prevenzione e tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
  4. Salute animale e igiene urbana veterinaria
  5. Sicurezza alimentare – Tutela della salute dei consumatori
  6. Sorveglianza e prevenzione delle malattie croniche, inclusi la promozione di stili di vita sani ed i programmi organizzati di screening, sorveglianza e prevenzione nutrizionale
  7. Attività medico legali per finalità pubbliche.

TELEMEDICINA

La telemedicina è una modalità di erogazione di servizi e prestazioni assistenziali sanitarie sociosanitarie a rilevanza sanitaria a distanza, abilitata dalle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, che supporta l’interazione dei diversi professionisti sanitari con l’assistito nelle diverse fasi di valutazione del bisogno assistenziale, di erogazione delle prestazioni e di monitoraggio delle cure. Facilita inoltre lo scambio di informazioni tra professionisti e la collaborazione multiprofessionale e multidisciplinare sui singoli casi clinici.

La telemedicina rappresenta un approccio innovativo alla pratica sanitaria, già consolidato in diversi ambiti sanitari, consentendo - se inclusa in una rete di cure coordinate - l’erogazione di servizi e prestazioni sanitarie a distanza attraverso l’uso di dispositivi digitali, internet, software e delle reti di telecomunicazione. L’utilizzo della telemedicina per l’erogazione di prestazioni e servizi assistenziali abilita e supporta l’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 21 del DPCM del 12 gennaio 2017, nell’ambito dei percorsi assistenziali integrati e assistenza territoriale.

DISTRETTO

Il Distretto è un’articolazione organizzativo-funzionale dell’Azienda sanitaria locale (ASL) sul territorio e funge da collettore di tutti i luoghi e le figure viste fin qui. Come previsto dalla normativa vigente, l’articolazione in distretti della ASL è disciplinata dalla legge regionale, garantendo una popolazione minima di almeno sessantamila abitanti, salvo che la regione/provincia autonoma, in considerazione delle caratteristiche geomorfologiche del territorio o della bassa densità della popolazione residente, disponga diversamente. Il Distretto costituisce il centro di riferimento per l’accesso a tutti i servizi dell’ASL.

Com’è organizzato al suo interno:

  • almeno 1 Casa della Comunità hub ogni 40.000-50.000 abitanti;
  • Case della Comunità spoke e ambulatori di Medici di Medicina Generale (MMG) e Pediatri di Libera Scelta (PLS) tenendo conto delle caratteristiche orografiche e demografiche del territorio al fine di favorire la capillarità dei servizi e maggiore equità di accesso, in particolare nelle aree interne e rurali. Tutte le aggregazioni dei MMG e PLS (AFT e UCCP) sono ricomprese nelle Case della Comunità avendone in esse la sede fisica oppure a queste collegate funzionalmente;
  • almeno 1 Infermiere di Famiglia o Comunità ogni 2.000 - 3.000 abitanti Tale standard è da intendersi come numero complessivo di Infermieri di Famiglia o Comunità impiegati nei diversi setting assistenziali in cui l’assistenza territoriale si articola;
  • almeno 1 Unità di Continuità Assistenziale (1 medico e 1 infermiere) ogni 100.000 abitanti;
  • 1 Centrale Operativa Territoriale ogni 100.000 abitanti o comunque a valenza distrettuale, qualora il Distretto abbia un bacino di utenza maggiore;
  • almeno 1 Ospedale di Comunità dotato di 20 posti letto ogni 50.000 - 100.000 abitanti.

Quali sono le sue funzioni

In particolare, l'organizzazione del Distretto, così come disciplinato dalla normativa vigente, deve garantire:

  • - l'assistenza primaria, ivi compresa la continuità assistenziale, attraverso il necessario coordinamento e l'approccio multidisciplinare, in ambulatorio e a domicilio, tra medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, servizi di guardia medica notturna e festiva, infermieri di famiglia o comunità e i presidi specialistici ambulatoriali;
  • - il coordinamento dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta con le strutture operative a gestione diretta, organizzate in base al modello dipartimentale, nonché con i servizi specialistici ambulatoriali e le strutture ospedaliere ed extraospedaliere accreditate;
  • - l'erogazione delle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, connotate da specifica ed elevata integrazione, nonché delle prestazioni sociali di rilevanza sanitaria in raccordo con i servizi sociali territoriali se delegate dai comuni.

SISTEMI INFORMATIVI E DI QUALITÀ

Tutte le unità operative territoriali che compongono il Distretto devono essere dotate di soluzioni digitali idonee ad assicurare la produzione nativa dei documenti sanitari in formato digitale, secondo gli standard adottati a livello nazionale, e la condivisione dei dati relativi a ciascun paziente tra i diversi professionisti sanitari coinvolti nell’assistenza: ciò al fine di consentire di realizzare servizi in rete pienamente integrati.

I sistemi informativi del Distretto devono essere in grado di:

  1. produrre i documenti nativi digitali necessari ad alimentare il Fascicolo sanitario elettronico (FSE) di ciascun assistito, anche grazie al potenziamento del FSE previsto nel PNRR;
  2. integrarsi ed interoperare con la piattaforma del Sistema TS del Ministero dell’economia e delle finanze, per garantire la corretta generazione della ricetta dematerializzata (a carico del SSN e non a carico del SSN), nonché dei Piani Terapeutici Elettronici;
  3. produrre i dati necessari al monitoraggio a livello nazionale dell’assistenza territoriale, al fine di assicurare la produzione nativa dei dati relativi ai flussi informativi nazionali già attivi (SDO, FAR, SIAD, EMUR, HOSPICE, ecc.), nonché assicurare la necessaria evoluzione applicativa per la produzione dei flussi informativi di prossima attivazione (riabilitazione territoriale, consultori familiari, ospedali di comunità e cure primarie); la piattaforma potrà utilizzare le componenti software (Software Developer Toolkit - SDK) messe a disposizione dal Ministero della salute, nell’ambito NSIS, per facilitare l'interoperabilità e la standardizzazione della semantica delle applicazioni IT a livello locale;
  4. interoperare con il repository centrale del FSE al fine di utilizzare servizi applicativi di interesse per la prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione degli assistiti del Distretto;
  5. interoperare con le piattaforme di telemedicina adottate a livello regionale/nazionale.

INTERROGAZIONE DELL'ON. FABIOLA BOLOGNA

L'urgenza di affrontare nei tempi più stretti possibile la discussione sullo schema di Decreto, con obiettivo di entrata in vigore della riforma entro il 30 giugno 2022, è stata sollevata anche alla Camera dei deputati dall'On. Fabiola Bologna (Coraggio Italia), che durante il Question time del 15 marzo ha presentato un’interrogazione riguardante un nuovo modello organizzativo della rete di assistenza sanitaria territoriale.

Le criticità dei servizi sanitari regionali emerse nel corso della pandemia - si legge nel testo dell'interrogazione - sia nell'ambito ospedaliero che, soprattutto, territoriale hanno messo in luce difficoltà già preesistenti. Da una parte ancora oggi molti cittadini attendono di recuperare prestazioni e interventi differiti, dall'altra c'è il sovraccarico di lavoro e la conseguente demotivazione dei sanitari legata anche a un ridotto coinvolgimento nel percorso organizzativo e a una mancanza di valorizzazione professionale. Il sistema sanitario sta ancora fronteggiando la pandemia e ora si sta aprendo una nuova emergenza, che coinvolge la sanità e il sociale, legata all'afflusso di profughi dai territori dove è in atto la guerra e si profila la necessità di uno sforzo coordinato delle comunità locali. Alla luce di queste premesse, l'On. Bologna chiede se non sia opportuno prevedere un modello organizzativo e valutativo a livello nazionale, che venga contestualizzato a livello regionale e che valorizzi le strategie di intervento ospedaliere e territoriali in tutti i suoi aspetti sanitari, tecnologici e sociali, anche con modalità sperimentali, per favorire la gestione dei differenti bisogni e che consideri appropriatezza, accessibilità ai servizi e soddisfazione dei cittadini, anche con l'istituzione di tavoli regionali permanenti che includano rappresentanti delle professioni sanitarie e sociosanitarie ospedaliere e territoriali per una costante condivisione di obiettivi e soluzioni organizzative che superino le criticità emergenti e rendano attuabile il nuovo modello di sanità.

Durante il Question time, svoltosi mercoledì 16 marzo in Aula Camera, il Ministro della Salute Roberto Speranza ha così risposto: Dal PNRR arrivano risorse per oltre 20 miliardi e, in più, per la prima volta nella storia della programmazione europea del nostro Paese, investiamo 625 milioni sul PON Salute, che consentirà di lavorare sul divario tra le diverse zone del nostro Paese. Dentro questa nuova stagione di investimenti ci sono le riforme, quelle che ho avuto modo di illustrare in Commissione, sia alla Camera che al Senato, e che riguardano in primis il rafforzamento dell'assistenza territoriale, che, purtroppo, nei decenni passati non ha ricevuto la dovuta attenzione. Faremo ogni sforzo per monitorare e accompagnare le regioni dentro questo processo. Abbiamo tavoli con loro aperti, che quotidianamente provano a intervenire sulle criticità e sulle questioni aperte, e abbiamo tavoli di confronto, che io ritengo particolarmente strategici e importanti, con le forze sociali. Posso garantirle che, da parte del Ministero della Salute, ci sarà il massimo impegno, perché siamo di fronte ad una grandissima occasione, quella di trasformare la crisi che abbiamo vissuto in un'opportunità di rilancio e di rafforzamento del patrimonio più prezioso che abbiamo, che è il nostro Servizio sanitario nazionale

LA DISCUSSIONE IN CONFERENZA STATO REGIONI

L’ordine del giorno della Conferenza Stato-Regioni, convocata, in seduta ordinaria, per mercoledì 16 marzo 2022, è integrato in particolare con il seguente punto all’ordine del giorno: 12. Intesa, ai sensi dell’articolo 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sullo schema di decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, concernente il regolamento recante “Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale” - PNRR M6-C1-Riforma 1, Reti di prossimità strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale.

A seguito della seduta del 16 marzo la Conferenza Stato-Regioni ha reso noto il parere negativo della stessa sulla bozza di testo del DM 71. Per sottoscrivere l'intesa tra Governo e Regioni, al documento contenente il parere negativo, è allegato anche il testo rivisto dello schema di Decreto. Il testo completo che illustra la posizione delle Regioni è disponibile a questo link.

LA RISOLUZIONE N. 8-00158

Nel frattempo, contestualmente alla fase conclusiva di esame, per l’espressione del parere, della Relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), giovedì 17 marzo è stata approvata dalla Commissione XII della Camera (Affari sociali) la Risoluzione n. 8-00158 che impegna il Governo a prevedere che, nell'ambito delle misure di potenziamento della medicina di territorio e dell'assistenza domiciliare previste dal PNRR, si presti particolare attenzione alla specificità delle necessità di cure specialistiche e di presa in carico multidimensionale delle persone con patologie croniche complesse, ivi inclusi i pazienti con malattie rare.

Aggiornamento: Delibera Consiglio dei ministri

Dopo la mancata intesa di un paio di settimane fa in Conferenza Stato-regioni per la frenata della Regione Campania, il Governo ha tirato comunque dritto sul suddetto decreto del Ministro della Salute, noto come DM 71, adottandolo con tale delibera del Consiglio dei ministri.

Sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 102 di martedì 3-05-2022 è stata pubblicata la Delibera del Consiglio dei Ministri 21 aprile 2022, Delibera sostitutiva dell'intesa della Conferenza Stato-regioni, relativa allo schema di decreto del Ministro della salute, concernente il regolamento recante «Modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale».

Fonte: https://www.osservatoriomalattierare.it/news/politiche-socio-sanitarie/ Autori: Alessandra Babetto, Valentina Lemma, Augusto Chiaretto 04 marzo 2022; ultima modifica 05 maggio 2022

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